L’ultimo giorno dell’anno scolastico 2017/2018, sabato 9 giugno,
sarà dedicato al teatro classico! Alle ore 11:00, nei locali del teatro Cicero di Cefalù, andrà in scena “Agamennone” di Eschilo! Chi sono gli attori? Gli studenti del Laboratorio teatrale sul dramma antico del Liceo classico “Mandralisca”, che, fedeli ad una tradizione quasi ventennale, ogni anno studiano e mettono in scena una tragedia classica. Quali sono le spinte emotive, le motivazioni profonde che li animano? La loro passione per il teatro, il desiderio di trasformare l’attività didattica in esperienza, unire alla conoscenza storico-teorica momenti operativi, esplorare e approfondire le immense risorse, spesso inespresse, che ognuno porta dentro. Il valore del laboratorio teatrale è assolutamente grande, è un luogo di mutuo scambio, di incontro e di gioco, in cui le personalità dei partecipanti interagiscono sinergicamente e si valorizzano reciprocamente.
Nell’Atene del V secolo i drammi avevano una forte valenza pedagogica. Tutta la città partecipava agli spettacoli e gli spettatori erano coinvolti nelle vicende in scena immedesimandosi nei personaggi e vivendo il loro dramma, la tragedia rappresentava i drammi interiori degli eroi, metteva a fuoco gli errori, le colpe, il loro doloroso destino. Il momento religioso e quello educativo trovavano nel teatro una manifestazione immediata. “Chi è il migliore poeta?” si chiedeva il commediografo Aristofane nelle Rane e la risposta era “Chi sa dare buoni consigli alla città!”, in altre parole chi sa educare il popolo e perseguire il bene dello Stato.
Così venivano passati in rassegna i grandi temi della giustizia, i rapporti tra umano e divino, le relazioni tra uomo e donna singolo e collettività, re e sudditi. La tragedia induceva a riflettere sul significato dell’esistenza, sui limiti invalicabili per l’uomo, sulla responsabilità individuale. L’ingiustizia patita che spinge la vittima a farsi giustizia da se’, genera un’altra ingiustizia: è questo il messaggio contenuto nell’Agamennone di Eschilo, la prima opera della trilogia Orestea, che comprende anche le Coefore e le Eumenidi.
Costituiscono lo sfondo della tragedia le cupe vicende della casa di Atreo, padre di Agamennone, che partito alla volta di Troia per un’azione riparatrice nei confronti di Zeus Xenios e del proprio genos, offeso dal rapimento di Elena ad opera del troiano Paride, ha commesso hybris, perché ha distrutto la città e i suoi templi, ha versato molto sangue e, per propiziarsi la partenza, aveva superato la misura, sacrificando la propria figlia Ifigenia e attirandosi così l’odio della moglie Clitemnestra. La dimensione etico-religiosa del teatro di Eschilo è comunemente definita delfico-solonica: per Eschilo sulla linea solonica l’eccessiva prosperità tende a diventare sazietà, poi a degenerare nell’arroganza e, quindi, provoca la punizione divina.
All’uomo conviene la via della metriotes. Negli stasimi della tragedia numerose espressioni assumono un ruolo fondamentale per comprendere questa prospettiva religiosa di Eschilo, caratterizzata dalla fede nella dike, di cui Zeus è garante, sulla necessità per l’uomo di accettare con saggezza il proprio limite e sulla legge del pathei mathos, che afferma la possibilità per l’uomo di redimersi imparando dal dolore. Questi messaggi ancora oggi, come un tempo, meritano di essere meditati e approfonditi perché interpellano la nostra coscienza di uomini!