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Mons. Manzella lascia Cefalù. Don Falcone: incida il male nella polvere, il bene nel marmo

Il 29 marzo 2018, Giovedì Santo,

nella Basilica Cattedrale di Cefalù, a conclusione della Messa Crismale, il delegato ad omnia don Calogero Falcone ha indirizzato un Messaggio di saluto a mons. Vincenzo Manzella
- il video con il commento di C.A.Biondo si può seguire qui - 


Una delle più belle esperienze di libertà che la fede ci dona è la possibilità di ringraziare sempre, in ogni circostanza della vita.
Non perché tutto quanto accade sia bello e buono – la fede non ci rende né ingenui né superficiali – ma perché sappiamo che Dio nutre su di noi pensieri di pace e di consolazione e che, nella sua sapienza e potenza, Egli “fa servire ogni cosa al bene di coloro che lo amano” (cfr. Rm 8,28).
Se pure il male è dolorosamente presente nella vita di ogni essere umano, al bene spetta la prima parola e l’ultima; la parola che fa nascere e la parola che porta l’esistenza a compimento.
Al termine di quasi nove anni di episcopato vissuti nella nostra Chiesa di Cefalù, desideriamo rivolgerLe il nostro filiale saluto e ringraziare innanzitutto il Signore che Lo ha chiamato a questo servizio attento e generoso, ringraziarLo per tutti i doni che attraverso di Lei ha fatto giungere alla nostra Chiesa e continuare a dire grazie al Signore perché anche adesso La chiama a consegnare questo sevizio nelle mani del Suo successore che lo continuerà con altre iniziative ed altre energie.
Il servizio episcopale come dice l’Apostolo Paolo a Timoteo è “una cosa bella”; non sempre un compito facile, ma è un dovere fecondo, una provocazione a maturare ogni giorno nel senso del servizio evangelico.
Grazie carissimo Vescovo Vincenzo, perché fino all’ultimo ci ha dato testimonianza della Sua fedeltà nell’obbedienza a Cristo e alla Chiesa.
Lei mi ha ripetuto in questi mesi durante i quali mi ha chiesto di collaborarLa più da vicino, che così come è grazia di Dio diventare vescovi, è grazia di Dio lasciare per obbedienza il ministero di vescovo a servizio di una Chiesa locale. Obbedienza: concetto al contempo semplice, ricco di significato, atto del fidarsi di Dio nella propria vita, ma anche concetto complesso se è vissuto come un peso, fatto di sterili atti che si subiscono.
Grazie per la Sua attenzione premurosa e generosa verso quanti vivono nella povertà; in tanti modi e sempre nel silenzio, ha fatto in modo che a tanti giungesse una “carezza” come Lei ama dire, una semplice “carezza”, per esprimere la vicinanza di Cristo e dare un sollievo alle famiglie.
Grazie per la Sua umiltà. Per come ha vissuto nella nostra Chiesa: con semplicità, senza ricercare titoli e onorificenze, ma lasciando alla storia e a Dio il compito di giudicare e di dare le ricompense.
Di certo non è stato un vescovo “populista”; che dà il contentino, che lascia correre, che affida tutto al caso; anzi mentre alcuni hanno parlato dei problemi, dilazionando i tempi, Lei ha voluto affrontarli con ferma decisione, nel silenzio e nel rispetto; ama ripetere che la prima forma di carità è il silenzio, soprattutto nei confronti dei confratelli.
Un silenzio che è attesa; rispetto dell’uomo nelle sue fragilità, nelle sue insicurezze. I limiti degli uomini ci insegnano ad amare sempre di più la Chiesa, mi ripete sempre.
Carissimo Vescovo Vincenzo, i legami di conoscenza e di affetto che costruiamo nel tempo rimangono come memoria di cui essere grati, e nel Signore, la nostra speranza è la comunione. Il dinamismo della fede infatti, ci strappa al nostro egocentrismo e ci fa trovare un nuovo, più alto equilibro, nell’appartenenza a Cristo Risorto: a Lui siamo legati da gratitudine senza misura, a Lui apparteniamo con tutto noi stessi.
Siamo tutti costretti, lo vogliamo o no, ad obbedire alla vita e la vita è una scuola esigente. Ma la scuola non basta a creare persone intelligenti: bisogna apprendere personalmente quello che la vita ci insegna; bisogna vivere ciascuna età per le opportunità che offre (e c’è spazio per gioie autentiche).
La “paternità” è la chiave di lettura per comprendere il Suo stile, il Suo ministero, il Suo travaglio, la Sua ansia, persino il suo carattere. E per questa paternità, noi tutti, soprattutto noi presbiteri la ringraziamo, ognuno di noi in cuor suo sa di cosa rendere grazie. Certo è stata una paternità esigente, perché ci ha ricordato la fedeltà a Cristo e all’uomo.
Concludo: voglia accogliere quest’oggi una promessa e un suggerimento; la promessa: che conserveremo accesa nei nostri cuori la lucerna della riconoscenza; l’umile suggerimento: “scriva sulla polvere il male eventualmente ricevuto e incida sul marmo il Bene operato”.
E mi permetta ancora una cosa. Abbiamo pensato ad un dono semplice, ma ricco di significato. Sono delle casule. Indossandole per celebrare l’Eucarestia si ricordi di noi e preghi per noi, per questa santa Chiesa che è in Cefalù. Per i suoi ammalati, per i poveri, per i bambini, per i giovani, per gli adulti, per coloro che credono e per coloro che sono ancora alla ricerca della loro fede; preghi per tutti coloro che svolgono un servizio nelle nostre comunità: ministranti, seminaristi, lettori e accoliti, catechisti, confrati, donne e uomini del volontariato, operatori sanitari, per coloro che hanno scelto la politica come servizio di carità, per le forze dell’ordine e preghi per noi, per noi sacerdoti e diaconi affinché insieme, senza invidie e gelosie, ma nella comunione possiamo continuare nel nostro cammino di santità ad annunciare il Vangelo di Cristo.
Ancora grazie Eccellenza da tutta questa santa Assemblea.

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