[Vita Giuseppina, n.5 - giugno 2019]
In cammino nell'anno murialdino - Esemplarità del Murialdo
Ma si può parlare di esemplarità? Il Murialdo è morto nel 1900, 120 anni or sono, ha vissuto in un tempo per noi lontano sotto ogni punto di vista: culturale, ecclesiale, civile, sociale, ecc.
Non solo. Papa Francesco scrive nella Gaudete et Exsultate: «Ognuno per la sua strada - dice il Concilio -. Dunque, non è il caso di scoraggiarsi quando si contem- plano modelli di santità che appaiono irraggiungibili. Ci sono testimonianze che sono utili per stimolarci e motivarci, ma non perché cerchiamo di copiarle, in quanto ciò potrebbe perfino allontanarci dalla via unica e specifica che il Signore ha in serbo per noi. Quello che conta è che ciascun credente discerna la propria strada e faccia emergere il meglio di sè, quanto di così personale Dio ha posto in lui (cfr 1 Cor 12,7) e non che si esaurisca cercando di imitare qualcosa che non è stato pensato per lui» (GE, 11).
A noi dell'esperienza spirituale ed apostolica del Murialdo che cosa può ancora interessare, perché sia anche oggi per noi modello e riferimento per un cammino di santità? Lo stesso fondatore offre la risposta: desiderare di essere santi e farsi santi realizzando la missione educativa a favore dei giovani, sorretti da una preghiera ordinaria e fedele.
Scrive don Reffo: «Il nostro venerato Fondatore, come la voleva per sè la santità, la voleva pe' suoi figli; nessun altro intento egli aveva per le sue opere e nei suoi ministeri compiendo perfettamente il programma che dovrebbe essere proprio d'ogni sacerdote: farsi santo e santificare gli altri» (REFFO, Vita, p. 216). Da parte sua papa Francesco scrive: «Il Signore ci vuole santi e non si aspetta che ci accontentiamo di un'esistenza mediocre, annacquata, inconsistente. In realtà, fin dalle prime pagine della Bibbia è presente, in diversi modi, la chiamata alla santità».
Inoltre: «L’educazione è anche mezzo di santificazione. Chi santifica è santificato. Hai salvato un’anima, hai predestinato la tua anima. Quanto è cara a Dio questa missione» (MURIALDO, Scritti, IV, p. 423). Inoltre nella missione siamo a servizio della vocazione dei giovani perchè essi possano scoprire il disegno di Dio su di loro.
L'educazione, allora, è proposta umana e cristiana insieme, offerta di strada di santità per i giovani. Scrive papa Francesco: «Noi dobbiamo essere santi per poter invitare i giovani a diventarlo» (Sinodo 2018, Documento finale, n. 166).
Infine testimonia don Reffo: «Il nostro venerato Fondatore fu uomo di azione e di preghiera, e più ancora di preghiera che di azione» (REFFO, Vita, p. 255). Noi oggi parliamo più facilmente di Lectio divina, di concelebrazione, di deserto, ecc. Ma l’invito ha sempre valore perchè non riguarda i contenuti e le modalità delle preghiere, legate al tempo e alla cultura, ma al pregare in quanto tale, in quanto relazione esplicita e profonda con Dio. Papa Francesco ci aiuta a capire che cosa vuol dire nutrire la nostra vita di preghiera. Lo ascoltiamo: «Infine, malgrado sembri ovvio, ricordiamo chela santità è fatta di apertura abituale alla trascendenza che si esprime nella preghiera e nell'adorazione. Il santo è una persona dallo spirito orante, che ha bisogno di comunicare con Dio. E uno che non sopporta di soffocare nell'immanenza chiusa di questo mondo, e in mezzo ai suoi sforzi e al suo donarsi sospira per Dio, esce da sè nella lode e allarga i propri confini nella contemplazione del Signore. Non credo nella santità senza preghiera, anche se non si tratta necessariamente di lunghi momenti o di sentimenti intensi» (GE 147).
Tre indicazioni preziose, valide anche oggi, per tutti.
p. Tullio Locatelli, padre generale
Vita Giuseppina n.5, giugno 2019