Carissimi,
porto il saluto e l’abbraccio di S.E. Mons. Vescovo Giuseppe Marciante
a tutta la Comunità parrocchiale SS. Salvatore alla Torre, al parroco P. Alessandro Palladino, alla fraternità dei Giuseppini del Murialdo, ai confratelli qui presenti.
1. Preambolo
Siamo qui, in piena Ottava di Pasqua, per dare l’ultimo saluto a Padre Giorgio, che ha servito la Chiesa, ha amato i fratelli e ha sofferto, specialmente in quest’ultimo tratto di vita.
Colgo in ciascuno il desiderio di dire grazie a Padre Giorgio per il bene che il Signore ha operato per mezzo suo. Insieme possiamo dire con San Girolamo: «È un grande dolore averlo perduto, ma Ti ringraziamo, o Dio, di averlo avuto, anzi di averlo ancora, perché chi torna al Signore non esce di casa» (San Girolamo).
Mancherà Padre Giorgio. Peserà il vuoto che lascia, ma non lo sentiremo lontano. Non lo sentirà lontano la nostra Diocesi, non lo sentiranno lontano i Giuseppini del Murialdo, questa Parrocchia.
2. Per la vita buona dei giovani
Dovunque è stato, Padre Giorgio ha servito con intelligenza, con passione e tanta saggezza. Cinquant’anni prima dell’Esortazione Apostolica post sinodale Christus vivit, indirizzata dal Santo Padre Francesco nel 2019 ai giovani e a tutto il Popolo di Dio, Padre Giorgio, laureato in Filosofia con indirizzo pedagogico, aveva già intuito quanto fosse importante coniugare formazione spirituale e formazione culturale.
«La scuola è senza dubbio una piattaforma per avvicinarsi ai bambini e ai giovani. Essa è luogo privilegiato di promozione della persona, e per questo la comunità cristiana ha sempre avuto per essa grande attenzione ... In questo campo lo Spirito ha suscitato innumerevoli carismi e testimonianze di santità [Leonardo Murialdo, nella Torino della metà dell’ottocento ne è espressione concreta con la Congregazione di San Giuseppe per l’educazione della gioventù, specialmente di quella povera ed abbandonata]. Una delle gioie più grandi di un educatore consiste nel vedere un allievo che si costituisce come una persona forte, integrata, protagonista e capace di dare» (CV 221).
Padre Giorgio ha inteso la scuola come uno spazio di evangelizzazione dei giovani con l’opzione per gli ultimi, per coloro che la società scarta e getta via. Ha saputo integrare i saperi della testa, del cuore e delle mani.
Immagino che lo ricordino benissimo e potrebbero anche raccontarcelo i ragazzi del Collegio Universitario “San Pio X” di Roma dove, dal 1968 al 1972, Padre Giorgio è stato assistente; oppure gli studenti dell’Istituto Teologico “San Pietro” di Viterbo che l’hanno avuto insegnante di Psicopedagogia e Catechetica negli anni 1976 - 1979; e ancora, dal 1979 al 1991 a Roma, i giovani del Centro di Formazione Professionale “San Paolo”; ad Albano (1982 – 1988) gli alunni della Ragioneria e della Scuola Media; e infine dal 1991 al 1997, di nuovo a Roma, i minori di una Casa Famiglia della Congregazione Murialdina.
Ritengo che le fatiche del ministero siano state ricompensate nella vita del presbitero Giorgio dall’aver visto, nel corso degli anni, gli allievi costituirsi come delle persone forti, integrate, protagoniste e capaci di dare.
È stato un pedagogo attento, un compagno di strada, un accompagnatore discreto che ha certamente saputo scomparire per lasciare che i giovani seguissero la strada che avevano scoperto.
«Scomparire come scompare il Signore dalla vista dei suoi discepoli, lasciandoli soli con l’ardore del cuore, che si trasforma in impulso irresistibile a mettersi in cammino (cfr Lc 24,31-33). Al loro ritorno nella comunità, i discepoli di Emmaus riceveranno la conferma che il Signore è veramente risorto (cfr Lc 24,34)» (CV 296).
3. Testimone dell’Invisibile
Ed eccoci giunti al Vangelo di oggi (Lc 24, 13-35) che abbiamo appena proclamato: il racconto dell’incontro tra Gesù risorto e i due discepoli in cammino verso Emmaus; una Parola che ci parla e che tante volte ha parlato a Padre Giorgio.
L’icona dei “Discepoli di Emmaus” è stata collocata da Luca nell’ultimo capitolo del suo vangelo e vuole significare una conclusione e nello stesso tempo un’apertura della narrazione che proseguirà negli Atti degli apostoli.
Siamo di fronte a una sintesi di tutto il vangelo, perché questo testo riassume non solo l’intera vicenda di Gesù di Nazaret, ma anche l’intera storia di salvezza che Gesù stesso traccia “spiegando tutte le Scritture” (cfr Lc 24,27). Proprio gli Atti degli Apostoli, saranno un’interpretazione, una spiegazione di tutte le Scritture dell’Antico Testamento compiutesi in Gesù e, nel contempo, la narrazione degli eventi avvenuti nel ricordo delle sue parole.
Di questa Parola, il caro Padre Giorgio s’è fatto educatore, catechista, interprete gioioso. Con essa si è confrontato. Credo di poter dire che spesso Padre Giorgio, come del resto tutti noi sacerdoti, si è visto nelle vesti di uno dei due discepoli di cui parla il Vangelo.
Mi piace soffermarmi su ciò che avviene arrivati ad Emmaus.
Giunti a casa, il misterioso viandante sembra voler proseguire da solo, ma i due, che stando accanto a Gesù hanno imparato da lui almeno l’attenzione per gli altri, si mostrano ospitali. Per questo insistono: “Resta con noi, perché si fa sera e il giorno ormai è al tramonto”. E così il viandante rimane con loro, entra nella loro casa. Quando sono a tavola, dopo le parole, egli compie dei gesti sul pane, soprattutto lo spezza per darlo loro. A questo gesto, il più eloquente compiuto da Gesù nell’ultima cena (cfr Lc 22,19), segno di un’intera vita offerta e donata per amore, “si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero”: ma subito il viandante, il forestiero, il pellegrino scompare dalla loro vista.
Quella presenza - assenza è sufficiente per i due discepoli, i quali riconoscono che alla sua parola il cuore ardeva nel loro petto e che con la sua vita eterna egli poteva farsi presente e spezzare il pane.
Ecco il nostro ministero, ecco il ministero di Padre Giorgio vissuto sulle tante strade che da Gerusalemme portano ad Emmaus e viceversa.
Ecco in che cosa consiste la missione del presbitero: ricordare a tutti che Gesù non scompare. Resta sempre come colui che ci segue nel nostro cammino perché lo seguiamo nel suo. Nell’Eucaristia possiamo sempre riconoscerlo. È invisibile perché, propriamente parlando non e più con noi, ma IN NOI. La parola ce l’ha messo nel cuore. È il pane nella vita: chi lo mangia vive di lui come lui del Padre che lo ha mandato (Gv 6,57). Non vediamo più il suo volto di fratello, perché si è fatto il nostro stesso volto di figli. Assimilati a lui, anche noi ora siamo diventati l’icona del Padre davanti al mondo.
Padre Giorgio, spezzando il pane della Parola e dell’Eucarestia, ha raccontato l’invisibile. Le sue mani hanno consacrato il pane di vita, benedetto e perdonato, aiutato e sostenuto, lavato e purificato i peccati. Il suo cuore ha amato ed accolto la Parola del Signore. La sua bocca ha annunciato il Vangelo della gioia, ha dato conforto, consigli di pace e non di afflizione. I suoi piedi hanno percorso le vie di diverse Diocesi, senza mai stancarsi. Ha dispensato il perdono e la misericordia di Dio. Ha vissuto la ricchezza del ministero sacerdotale.
4. Concludendo
Questo non vuol dire che non c’è bisogno di pregare. E imploriamo pertanto, per Padre Giorgio la pace e il perdono dei peccati commessi per la fragilità della condizione umana
Possa ripetersi in Padre Giorgio ciò che San Leonardo Murialdo scrisse di se nel Testamento: «Dio mi ama... con amore infinito. Ah, quanto è grande l’amore di Dio per me! Ed io che amore non dovrei avere per lui? Dovrei amarlo con amore infinito Ma io non posso avere un amore così grande; il mio cuore non ne è capace... Io ti amerò, o mio Dio, almeno con tutto me stesso» (Test., p. 81).
Amen.
Parrocchia SS. Salvatore alla Torre - Cefalù, 7/04/2021
Don Giuseppe Licciardi
Pro Vicario Generale